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Museo Egizio, indagini scientifiche non invasive per studiare le tecniche pittoriche utilizzate nell’antico Egitto

a cura della Redazione

PHOTO 3Dal Museo Egizio di Torino i primi risultati ottenuti da indagini – svolte con innovative tecniche scientifiche – su manufatti metallici, alabastri, terrecotte e cofanetti in legno dipinti presenti nel corredo funebre della collezione della tomba di Kha, forniscono nuove indicazioni sulle pratiche pittoriche utilizzate nell’antico Egitto, sulla presenza di diverse tipologie di manifattura artistica degli oggetti e sul loro stato di conservazione.

Parte delle analisi – svolte nell’ambito di un progetto multidisciplinare coordinato da ricercatori dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” in collaborazione con studiosi e ricercatori del CNR, del Museo Egizio, del Museo Storico della Fisica e Centro Studi e Ricerche Enrico Fermi, della Soprintendenza Archeologia del Piemonte e dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca- è stata effettuata utilizzando l’analisi non invasiva della fluorescenza a raggi X per scansioni macro (MA-XRF) in collaborazione CNR-IBAM e INFN-LNS. É stato possibile ottenere preziose informazioni sulla composizione degli elementi costituenti le superfici dei manufatti del corredo funebre della tomba di Kha, in particolare degli alabastri, vasi metallici e terrecotte e sulla distribuzione dei pigmenti che compongono la superficie pittorica dei cofanetti. Questi risultati forniscono preziose informazioni agli studiosi (archeologi, conservatori, curatori museali, etc.) per quanto riguarda la composizione dei materiali, le pratiche pittoriche e lo stato di conservazione dei reperti.

Lo studio condotto presso il Museo Egizio di Torino è parte di un più ampio progetto che ha l’obiettivo di caratterizzare i manufatti appartenenti alla tomba di Kha, capo dei lavori presso il villaggio degli operai di Deir el-Medina, impegnati nella realizzazione delle tombe dei faraoni durante la XVIII dinastia (1428-1351 a.C.). “L’IBAM continua in questo modo l’avventura scientifica con il Museo Egizio iniziata dal giorno di apertura del Museo” – sostiene Daniele Malfitana, direttore dell’IBAM. “Quest’anno – sottolineano Christian Greco, direttore, ed Enrico Ferraris, ricercatore del Museo Egizio – celebriamo i 110 anni dalla scoperta della tomba intatta di Kha avviando per la prima volta un progetto di studio interdisciplinare sull’intero corredo funerario. Le tecnologie d’avanguardia impiegate in questa prima fase di studio sono davvero promettenti e rivelano informazioni sui materiali dei reperti che non sono rilevabili ad occhio nudo, insomma si tratta di una sorta di ‘archeologia dell’invisibile’. Questa importante collaborazione tra issituzioni tra istituzioni scientifiche è uno straordinario esempio di network di ricerca; grazie ad essa potremo comprendere meglio come sono fatti gli oggetti del corredo di Kha e la storia della loro realizzazione. In questo modo non solo potremo meglio prenderci cura di questo importantissimo corredo ma, come centro di ricerca, il Museo Egizio continuerà a condividere nuova conoscenza a beneficio della comunità scientifica e dei nostri visitatori”. “Il progetto – afferma Matilde Borla della Soprintendenza Archeologia del Piemonte – è molto importante anche ai fini della conservazione attiva e passiva dei manufatti della tomba di Kha e Merit. Le specifiche ottenute relativamente alla composizione degli elementi che costituiscono le superfici dei manufatti sono fondamentali per appurare lo stato di conservazione dei reperti e per programmare eventuali interventi di restauro”.

La cosa bella di queste ricerche è l’interdisciplinarità – sostiene Luisa Cifarelli, presidente del Museo Storico della Fisica e Centro Studi e Ricerche Enrico Fermi – che il Centro Fermi persegue con convinzione e che caratterizza la sua missione di ente di ricerca”. “Per raggiungere questi risultati- dichiara Carla Andreani, professore in Fisica Applicata all’Università di Roma Tor Vergata e direttore del Centro NAST – un fattore essenziale è la capacità di collaborazione sinergica  che gli esperti umanisti-archologici e ricercatori delle discipline chimico fisiche sono stati in grado di esprimere nella fase di progettazione e di realizzazione di questo progetto”.

photo 2Nei prossimi mesi – dichiara Giulia Festa, ricercatore all’Università di Roma “Tor Vergata” e ricercatore associato al Museo Storico della Fisica e Centro Studi e Ricerche Enrico Fermi –  sono in programma altre indagini su tipologie di materiali presenti nel corredo funebre questa volta utilizzando fasci di neutroni presso il Rutherford Appleton Laboratory nell’Oxfordshire (UK)”.

 “Il passo successivo – afferma il prof. Giuseppe Gorini, professore di Fisica della Materia all’università di Milano-Bicocca, e coordinatore del progetto progetto PANAREA II del CNR – sarà quello di completare l’analisi elementale dei reperti della Tomba di Kha, utilizzando le diffrazione e l’imaging di neutroni (sulle linee di fascio ENGIN-X e IMAT presso la sorgente ISIS). L’Italia è all’avanguardia in queste analisi che sono ora applicate ai Beni Culturali dopo un’esperienza più che ventennale nella ricerca di base, resa possibile dagli accordi di ricerca stipulati dal CNR con il STFC inglese per l’utilizzo della sorgente di neutroni ISIS, a partire dal 1985, per l’utilizzo delle sorgenti di neutroni”.

“Light probes to unveil painting practices used in ancient Egypt” – Centro interdipartimentale Nanoscienze & Nanotecnologie & Strumentazione (NAST)

 

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