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Materiali nanoporosi: i piccolissimi “vuoti” ne aumentano la resistenza

di Pamela Pergolini 

nanoporosiÉ stato pubblicato sulla rivista Mechanics of Materials di luglio 2016 lo studio “A computational insight into void-size effects on strength properties of nanoporous materials”. Lo studio riguarda il comportamento dei materiali nanoporosi ed è stato condotto dal gruppo di ricerca del settore di “Scienza delle Costruzioni” dell’Università di Roma “Tor Vergata” in collaborazione con ricercatori francesi dell’Università Pierre e Marie Curie (UPMC) e dell’Ecole Nationale des Ponts et Chaussées (ENPC).

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Stella Brach, dottoranda e laurea in Ingegneria Meccanica a “Tor Vergata”

Autori della ricerca sono Stella Brach, dottoranda e una laurea in Ingegneria Meccanica a “Tor Vergata”,  il prof. Djimédo Kondo del Laboratorio Jean le Rond d’Alembert dell’UPMC,  il prof. Luc Dormieux del Laboratorio Navier

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Luc Dormieux del Laboratorio Navier dell’ENPC di Parigi

dell’ENPC di Parigi, e il prof. Giuseppe Vairo (Scienza delle Costruzioni) del Dipartimento di Ingegneria Civile e Informatica (DICII) di “Tor Vergata”.  Il prof. Giuseppe Vairo è il responsabile scientifico, per la parte italiana, del progetto.

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Djimédo Kondo del Laboratorio Jean le Rond d’Alembert dell’UPMC

Lo studio è stato sviluppato nel contesto di una oramai ventennale cooperazione (per ricerca e formazione) tra l’Ateneo di “Tor Vergata” e l’ENPC, e di un programma di collaborazione avviato nel 2013 tra “Tor Vergata” e l’UPMC. Nell’ambito di quest’ultimo, la dott.sa Brach sta svolgendo attività di ricerca in cotutela per il conseguimento del titolo italiano di Dottore di Ricerca in “Ingegneria Civile” e il titolo francese di Dottore di Ricerca in “Science de l’Ingénieur”.

Prof. Giuseppe Vairo perché i materiali nanoporosi potrebbero essere importanti nella progettazione non tradizionale?

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Giuseppe Vairo, Scienza delle Costruzioni, Dip. Ingegneria Civile e Informatica (DICII) a “Tor Vergata”

Il lavoro appena pubblicato mette in luce, attraverso tecniche di simulazione numerica a scala molecolare, l’influenza positiva indotta da nanovuoti sulle proprietà di resistenza del materiale. Questo effetto, se opportunamente controllato, può essere utilizzato per progettare materiali con specifiche proprietà a seconda dell’applicazione strutturale in cui si vuole impiegarli. Insomma, i materiali nanoporosi possono riguardarsi come materiali potenzialmente progettabili per progettare. I risultati che abbiamo ottenuto confermano il ruolo attivo dei nanovuoti e la possibilità di controllare questi “effetti di taglia”. A partire da queste indicazioni quantitative, e nel contesto della cooperazione italo-francese, stiamo inoltre mettendo a punto nuovi modelli teorici di previsione del comportamento limite di tali materiali.

 

In quali campi dell’Ingegneria possono essere applicati?

I nanoporosi sono materiali caratterizzati da una strutttura porosa con pori la cui dimensione caratteristica è dell’ordine del nanometro (pari a un miliardesimo di metro).  Essi esibiscono proprietà fisiche affascinanti, in termini di risposta meccanica, chimica ed elettromagnetica. In particolare, in ragione della presenza di nanocavità, questa classe di materiali con nanostruttura apre potenzialmente ad applicazioni avanzate e innovative in diversi campi dell’Ingegneria (e.g., civile, ambientale, geofisica, petrolchimica, biomeccanica) ad alto contenuto tecnologico e con elevate potenzialità in termini di impatto socio-economico. Prime applicazioni di questa tipologia di materiali cominciano a svilupparsi per concepire device multifunzionali in applicazioni aerospoaziali, dell’industria automobilistica, per l’accumulo energetico, per la sensoristica. Degne di nota sono le applicazioni nell’ambito dell’Ingegneria Medica. In particolare, i nanoporosi ben si prestano alla realizzazione di dispositivi intelligenti di ultima generazione in grado di svolgere funzioni di biosensoristica, di rilascio locale di farmaco, di catalisi, e di filtrazione.

Ma qual è il segreto? Perché vuoti a scala nano aumentano la resistenza del materiale?

Il segreto risiede nella natura “nano” delle cavità. Sin dai tempi dei maestri costruttori del Medioevo, gli spazi vuoti all’interno di una struttura continua erano percepiti come il punto debole della struttura. Chi s’imbatte in una cattedrale gotica non può non riconoscere strette aperture in muri maestosi, e nessuno – fino a tempi ingegneristicamente più illuminati – ha avuto l’ardire di pensare al vuoto come elemento attivo e controllabile. Di fatto, materiali con elevati rapporti vuoto/pieno (schiume metalliche, materiali porosi) hanno consentito di vincere sfide ardue come il volo, visto il loro ridotto peso specifico a fronte di soddisfacenti proprietà di resistenza, rappresentando primi esempi di materiali progettati per assolvere a specifici requisiti. Ma si può fare di più.

Con lo stesso ardire logico, se immaginassimo una pausa musicale più lunga di una battuta all’interno di un’opera classica, l’effetto  ci risulterebbe strano e forse da attribuire a un errore del musicista. Di contro, se ascoltassimo un pezzo Jazz, ogni pausa sarebbe perfettamente giustificata dall’alternanza di “pieni” e “vuoti” di questo genere, a chiara evidenza che note piene e pause possono convivere in una perfetta armonia.

Nel caso di nanocavità, le interazioni elettrochimiche a scala atomica, fra atomi affacciati sul bordo di ciascuna di queste cavità, possono conferire un incremento di resistenza e di proprietà meccaniche.  Gli atomi che costituiscono il materiale, interagiscono tra loro con forze elettrochimiche che potremmo banalizzare pensando gli atomi come una schiera di persone che si tengono per mano. Se in una regione del materiale allontanassimo gli atomi tra loro, creando una cavità (poro) di dimensioni grandi (tipicamente quello che accade in schiume metalliche o materiali porosi classici, in cui le dimensioni del poro sono dell’ordine del millimetro), gli atomi affacciati sul poro non avrebbero più la possibilità di stringere le mani degli atomi che hanno di fronte. Se però il poro è sufficientemente piccolo, gli atomi affacciati sul poro continueranno a tenersi (idealmente) tra loro per mano, ma con il risultato che essi dovranno “sforzarsi” per allungare le braccia. Questo, in modo molto banale, porta a una perturbazione delle interazioni a livello locale che, se opportunamente controllata, può indurre un miglioramento delle proprietà meccaniche, oltre che degli effetti di compatibilità elettro-chimica con possibili molecole/atomi interposti fra le “braccia tese” (favorendo quindi processi di filtrazione/catalisi, associati ad un’azione di setaccio molecolare).

Quali metodologie progettuali vengono utilizzate per l’impiego dei materiali nanoporosi?

La progettazione di strutture e dispositivi basati sull’uso di materiali nanoporosi non può avvalersi delle metodologie progettuali tradizionali, dovendo portare in conto effetti non trascurabili, propri di una scala inferiore a quella osservabile. D’altro canto progettare una struttura macroscopica (l’ala di un velivolo, la pala di una turbina, o un qualunque componente meccanico) descrivendo in modo diretto gli atomi e le molecole che la compongono sarebbe ingegneristicamente impraticabile e inefficace. È allora necessario un approccio multiscala che consenta di includere in approcci progettuali sintetici, e in maniera indiretta, l’influenza dei fenomeni dominanti alla nanoscala sul comportamento del materiale alle scale d’interesse ingegneristico. Questo è il nostro piano di ricerca, che prevede lo sviluppo di approcci teorici e numerici, con l’intento di fornire metodi di progettazione del materiale e approcci progettuali specifici per strutture e dispositivi realizzati con questi materiali avanzati.

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